Mi sento di affrontare l’argomento perché spesso sento dire: “Mio figlio/a è ingestibile, del resto sta attraversando il periodo dei terribili 2 anni!”
Facciamo chiarezza, tra i 20 e i 36 mesi per il bambino è un periodo molto ricco, immaginate di essere presi e inseriti quotidianamente su una giostra, prima girati a testa in giù, poi a destra, poi a sinistra, lasciati e ripresi. I bambini si sentono proprio così è un periodo di forte transizione interiore dove sono nel pieno della auto-affermazione.
Iniziano a comprendere di essere individui separati dalla madre e dal padre, ma ancora tanto bisognosi di loro.
Provare a capire il bambino e mostrare una grande empatia. Il compito dell’adulto sarà proprio quello di mettersi nei suoi panni, ma non solo, dovrà comprendere le sue emozioni e aiutarlo a dar loro un nome. Voglio portarvi un esempio: si rompe un giocattolo, invitiamo il nostro bambino a manifestare le sue emozioni. Come ti senti? Mi sento triste, mi sento arrabbiato. Come mai? Il mio giocattolo preferito si è rotto. Cosa possiamo fare? Possiamo abbracciarlo, dire che capiamo la sua tristezza e che possiamo trovare un gioco altrettanto interessante.
È utile pensare che il bambino in quel momento sta affrontando un periodo particolare, dove la calma e la comprensione sono fondamentali per il suo equilibrio.
Possiamo portare ordine: proviamo a mantenere gli equilibri della nostra routine, in questa fascia di età i cambiamenti sono destabilizzanti, ad esempio se modifichiamo l’ordine delle azioni che il bambino compie, prima di andare a letto, si potrebbe incorrere in nervosismi.
Maria Montessori ci parla di ordine esterno e ordine interno: nel primo diventa fondamentale il rapporto fra le cose e l’ambiente riuscendo così a orientarsi.
L’ordine interno invece è presente già nel bambino, nella vita prenatale e si può ricongiungere alla conoscenza delle parti del corpo e successivamente dei movimenti.
Quanto influiscono i “no”?
Un altro momento importante è la gestione dei “no”.
Durante il periodo di auto-affermazione, il bambino si scontra con i divieti che vengono dati dalle figure di riferimento.
Proviamo a pensare a un modo per gestire i conflitti, i “no” che vengono dati, sono tutti obbligatori oppure alcuni potrebbero essere evitati?
Cerchiamo di proporre delle alternative in modo da lasciare che sia il bambino a scegliere, così facendo gli daremo la possibilità di sperimentare il senso di indipendenza.
Vi racconto…
Poco tempo fa, mi è capitato di imporre ad Anita un divieto: “Non salire su quella staccionata!”.
Sapevo che era pericolosa per la sua altezza, perché alla fine vi era una strada trafficata e perché si intravedevano i chiodi che fuoriuscivano dalle assi di legno.
Istintivamente avrei voluto spiegarle questi particolari, ma nella mia testa si è accesa una lampadina.
“I bambini imparano con le buone esperienze non con le spiegazioni verbali”.
E’ implicito nella proposta montessoriana che il compito dell’adulto sia quello di predisporre piuttosto che ordinare, fare prediche, dare comandi e lezioni. La capacità di concentrazione di un bambino impegnato a svolgere un’attività è superiore alla capacità di ascolto.
La concentrazione è nel fare non nell’ascoltare.
Dopo queste mie considerazioni, ho trovato l’alternativa proponendo ad Anita: “Possiamo salire sulla staccionata, solo se prima indossiamo le scarpe e ci diamo la mano.”
Lei mi ha guardata, mi ha sorriso e mi ha preso la mano.
Se ci mostriamo empatici con la reazione del bambino, se proviamo a metterci nei suoi panni, sarà più facile che chieda il nostro aiuto.
Osservazione e libera scelta possono essere le parole chiave per questa intensa e particolare fascia di età.