10/08/2021
I capricci, esistono davvero?
Avverto l’assenza di parole, quando pongo questa domanda ai genitori. Qualcuno rimane in silenzio, qualcun altro mi risponde che suo figlio ne fa tantissimi, ma dove si trova la risposta più corretta?
“Dietro a un comportamento, buono o cattivo,
c’è sempre una qualche intenzione che non è visibile in superficie”.
Maria Montessori
Il problema è la parola “capriccio”, non riusciamo a sforzarci di vedere oltre, dietro a questo ci sono ragioni ed emozioni. Mi spiego meglio con un esempio:
Qualche settimana fa, durante la mia pausa pranzo, decido di andare a fare la spesa, arrivo alla cassa e davanti a me ci sono una mamma con il figlio che avrà avuto 2 anni e mezzo massimo 3.
Mentre attendo il mio turno, il bambino inizia a toccare le riviste posizionate vicino alle casse, poi le caramelle e prova a spostare un cestino della spesa.
Osservo la mamma molto irrigidita, impettita e pronta a esplodere.
Il bambino invece curioso, soddisfatto anche dei suoi movimenti corporei.
Dopo qualche secondo, la mamma si gira verso di lui afferrandolo per il braccio e gli dice: “Ora basta! Non si tocca, guardare ma non toccare, non mi ascolti mai”.
Il bambino imbronciato sbatte i piedi, inizia a piangere e urlare.
Le persone alle casse vicino si girano a guardare e la mamma preoccupata dei giudizi e degli sguardi, rincara la dose: “Vergognati, ti stanno guardando tutti!”.
La disperazione della madre, le sgridate, gli sbuffi, si moltiplicano e il bambino reagisce coi “capricci”, i pianti, le urla e si butta a terra. Si trova a lottare con i suoi genitori, senza capire perché. L’infanzia è diversa dalla vita adulta, è caratterizzata da continue scoperte e sviluppi. I genitori, vorrebbero che il figlio li ascolti e agisca come richiesto, il non farlo è visto come una cattiveria, una ribellione.
Come possiamo evitare i capricci?
Quando ci troviamo di fronte ai capricci, possiamo provare a manifestare empatia piuttosto che rabbia, l’empatia è qualcosa che ci permette di sintonizzarci con le emozioni dei bambini, ecco alcuni spunti:
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Non ricorrete alla violenza: non strattonate, non sculacciate (anche se ha il pannolino, si fa male lo stesso, non solo fisicamente) non urlate, non minacciate.
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Non siate fisici immobilizzandolo, tenendo ferme le mani, le spalle, prendendolo di peso in braccio o mettendolo a sedere nel passeggino.
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Non pensate di risolvere un capriccio con una punizione e in pubblico, umilierete il vostro bambino e il nervoso sarà ancora più grande per entrambi.
Pensate che io sia immune?
Non pensiate che i momenti di crisi nella mia quotidianità non ci siano, anche a me capitano i momenti no, provo a farvi entrare nella mia quotidianità raccontandovi il nostro modo di gestirli:
“Il capriccio non è nient’altro che un bisogno incompreso e insoddisfatto del bambino”.
Il primo passo da cui sono partita e in questo mi ha aiutato molto abbracciare il metodo Montessori, è quello di osservare e pormi delle domande:
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L’ambiente in cui ci troviamo risponde ai bisogni della mia bambina?
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Quali sono le attività che caratterizzano questo suo periodo?
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Cosa ama e cosa non ama fare?
Sembrano domande senza senso in realtà ci aiutano a prevenire il capriccio, a gestire la situazione dalla causa, partendo dal “come posso rendere una situazione più semplice e confortevole alla mia bambina”.
Decido di fermarmi: di fronte a un momento di crisi decido di fermarmi, di prendere aria, respiro e rimango in silenzio. In alcuni momenti può essere più difficile, ma cerco di provarci sempre.
Silenzio e calma: Il silenzio del genitore e la calma aiuteranno a evitare di pronunciare parole e frasi senza senso, che non pensiamo, ma aiuterà il bambino a tranquillizzarsi, restando quasi “ipnotizzato” dalla nostra reazione.
Il contatto: Se vedo la mia bambina tranquilla provo ad abbracciarla, contenerla dolcemente, così che si possa sentire rassicurata. Può essere utile anche prendere la mano, accarezzare il braccio o la schiena. Punti che servono a ritrovare il proprio spazio e la calma.
Ascolto attivo: in queste situazioni i bambini non hanno bisogno delle nostre spiegazioni, né di capire come ci sentiamo, piuttosto cercheranno in noi una figura che possa ascoltarli e capirli veramente.
Ti va di raccontarmi…
Se vi rendete conto che il vostro bambino è pronto per parlarvi, lasciate che vi racconti come si sente, le sue emozioni.
Come ti senti? Cosa hai fatto? Sono qui per te, sono qui per ascoltarti.
Magari provate a dare un nome all’emozione che vi viene raccontata, così che anche per lui sia più facile in futuro riconoscerla e viverla.
Rispettiamo e accompagniamo il maestro interiore dei nostri bambini, ascoltiamo i loro bisogni e impulsi, offriamogli se possibile un ambiente che risponda al suo sviluppo.
Ricordiamoci che noi siamo l’esempio più bello e chiaro per i nostri figli.